Vincenzo Gemito

Vincenzo Gemito (Napoli, 16 luglio 1852 – Napoli, 1º marzo 1929) è stato uno scultore, disegnatore e orafo italiano. Fu considerato dai suoi contemporanei al tempo stesso un genio e un folle, ma le cui opere sono oggi tenute in altissima considerazione dalle gallerie internazionali e dai collezionisti. Nonostante abbia lavorato in vari studi di artisti di fama a Napoli, Roma e Parigi, è considerato in larga misura autodidatta, e a questo fatto è attribuita la sua capacità di produrre opere tanto originali, capaci di sostituire il sentimentalismo caro alla sua epoca con uno schietto realismo. Vincenzo Gemito nacque in una famiglia povera, figlio di un taglialegna. Il giorno dopo la sua nascita la madre lo consegnò ad un orfanotrofio (l’orfanotrofio dell’Annunziata), dove visse per alcuni anni con altri orfani e dove gli fu assegnato il nome “Genito”, poi trasformatosi in “Gemito” nei registri della struttura. Nel giugno del 1862 fu adottato da una famiglia che aveva di recente perso un bambino. Il padre era un artigiano e il giovane Vincenzo cominciò presto ad assaporare i confini di pittura e scultura. Iniziò la sua attività nella bottega di Emanuele Caggiano, scultore di gusto accademico, adoperando i gessi di costui e facendo semplici ritratti, ed in seguito fu allievo di Stanislao Lista. Antiaccademico per istinto, lasciò presto il maestro per lavorare con il coetaneo Antonio Mancini e tentare la strada del verismo. Con la sua prima opera importante, Il giocatore (1868, oggi al Museo di Capodimonte a Napoli), partecipò alla I Esposizione della Promotrice; negli stessi anni eseguì in creta una serie di bustini e figurette di mendicanti e popolani, proponendosi di fermare con immediatezza le metamorfosi del reale. Anche nei ritratti eseguiti nel 1872-73 seppe cogliere, il carattere del personaggio: da Morelli a Verdi, da Mariano Fortuny a Michetti. Quest’ultimo ritratto andò al salone di Parigidel 1878, mentre al salone dell’anno successivo Il Pescatorello, di cui esistono diverse versioni tra le quali quella del museo del Bargello di Firenze, del museo civico di Castel Nuovo e della galleria dell’Accademia di Napoli databile 1935, ottenne un successo straordinario, tanto da indurre Gemito a fermarsi a lavorare per l’Esposizione Universale. Là egli ritrasse i maggiori personaggi del tempo, fra cui il pittore Jean-Louis-Ernest Meissonier. Tornato a Napoli nel 1880, vi eseguì nel 1885 una copia dal Narciso del Museo Nazionale, prova del suo continuo avvicinamento ai classici, rivissuti come esempi vitali di realismo. Nel 1887 gli fu commissionata una statua di marmo di Carlo V, eretta all’esterno del Palazzo reale di Napoli. Il marmo era il materiale meno amato da Gemito, e il risultato del lavoro fu, per parere suo ma anche delle critiche, al di sotto delle sue capacità. Gemito soffrì un crollo mentale e si recluse in una stanza di un appartamento, oltre a trascorrere periodi di degenza in ospedale psichiatrico. Rimanendo recluso, per i successivi 21 anni produsse soltanto disegni, in particolar modo nudi maschili, finché nel 1909 riprese a scolpire. Si diede a frequentare di nuovo i musei, come dimostra la sua accuratissima produzione. Questa sua fase artistica è stata, infatti, tra le più apprezzate dai critici moderni e contemporanei. Negli ultimi anni, Gemito si diede all’oreficeria in oro e argento, e tali sue opere, intricate e delicate, sono oggi molto ammirate. Nel 1952 l’Italia ha emesso un francobollo per commemorarne il centenario della nascita.

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